Le Compliance Talks di Aptus.AI, episodio 4: intervista con Manfredi Minuto

Aptus.AI’s Compliance Talks, episode 4: interview with Manfredi Minuto

Per il quarto episodio delle nostre Compliance Talks restiamo nel settore della compliance finanziaria, dato che il protagonista di questa intervista è Manfredi Minuto, Head of Compliance, Risk Management, AML, Legal and Corporate Affairs presso il Gruppo Ceresio Investors. Grazie alla sua lunga esperienza nel campo della compliance, anche il quarto intervistato della nostra rubrica ha aggiunto diversi elementi molto interessanti sullo stato dell’arte del settore in Italia e sull’importanza di strumenti tecnologici innovativi che supportino il lavoro, tipicamente umano, di analisi normativa e decision making.

Manfredi, raccontaci meglio chi sei e di cosa ti occupi per la tua azienda.

«Sono Responsabile Compliance, Risk Management e antiriciclaggio per conto delle tre società italiane del Gruppo Ceresio Investors: Ceresio SIM, Global Selection SGR ed Eurofinleading Fiduciaria».

Cosa ti piace di più del tuo lavoro e cosa ti crea invece qualche frustrazione?

«Amo il mio lavoro, lo svolgo ormai da più di 15 anni e mi stimola continuamente. L’evoluzione normativa, la necessità di aggiornarsi e adattare le dinamiche aziendali al contesto in continua mutazione mi permette di trovare ogni giorno nuovi stimoli. Non c’è nulla in particolare che mi crea frustrazione o eviterei volentieri, fa parte del gioco anche la discussione, che a volte può essere accesa ma sempre costruttiva, quando si tratta di implementare adeguamenti strutturali all’operatività per essere compliant alla normativa di riferimento».

Quali sono le skill principali che deve avere un/una Compliance Officer?

«Dando per scontata una profonda conoscenza del tessuto regolamentare credo sia fondamentale avere delle ottime doti comunicative per trasmettere i messaggi in maniera efficace. Bisogna essere preparati e persuasivi altrimenti il rischio è di essere visti come un ostacolo al business». 

Qual è il problema o limite principale nell’ambito della compliance?

«La rilevante produzione normativa degli ultimi anni è sicuramente un problema in termini di reattività nella comprensione e nel conseguente adattamento della struttura ai nuovi requirements. Il rischio forte è quello di rimanere indietro su alcuni obblighi, data la mole e la velocità della produzione normativa». 

Ritieni sufficienti le risorse dedicate alla compliance in Italia?

«Dall’entrata in vigore della MiFID, ormai nel 2007, il ruolo della compliance si è evoluto drasticamente, cambiando da semplice controllore a strumento che affianca il business soprattutto ex ante. Si sta sviluppando una cultura di compliance decisamente all’avanguardia».

In quali step del processo di compliance ci sarebbe più bisogno del supporto di soluzioni innovative?

«Dei sistemi di compliance risk assessment automatizzati e aggiornati sono fondamentali per poter intercettare tanto i cambiamenti normativi quanto gli impatti degli stessi sul business e, di conseguenza, poter pianificare un’attività di controllo mirata. In questo forse siamo ancora più indietro rispetto a quanto avviene nel mondo dell’Internal Audit che ha già un’associazione di categoria sia italiana che internazionale che detta anche standard operativi. Sarebbe auspicabile anche questo per migliorare ancora il ruolo della compliance».

Attualmente utilizzi dei tool tecnologici a supporto della tua attività?

«Non utilizzo particolari strumenti tecnologici, ho costruito la mia matrice dei rischi di conformità utilizzando database che mantengo in autonomia».

Se avessi una bacchetta magica, quale strumento creeresti a supporto del tuo lavoro?

«Sicuramente un sistema che in tempo reale mi possa indicare come e dove una nuova norma interviene nei miei processi aziendali. Poi ovviamente valuterei caso per caso, ma mi aiuterebbe avere un riscontro immediato degli impatti procedurali».

Cosa ne pensa della possibilità di applicare la Generative AI (es. ChatGPT) alla compliance o, più in generale, all’analisi normativa?

«È un tema che indubbiamente mi affascina e che potenzialmente potrebbe avere degli ottimi risvolti in termini di analisi della normativa. Certo rimane la valutazione personale, basata sulla propria realtà aziendale e lì, per fortuna, l’essere umano non può ancora essere superato».

Rispetto ai temi di attualità, come commenta le recenti crisi di realtà importanti come SVB e Credit Suisse? Che impatto avranno sull’ecosistema finanziario?

«Emerge chiaramente come in Europa le norme siano più stringenti e figlie di esperienze passate anche sanguinolente. Oggi il nostro ecosistema, spesso criticato e vituperato perché bulimico nella produzione normativa, permette di garantire dei livelli di sicurezza per gli investitori non rintracciabili in altre giurisdizioni. Ritengo che le recenti crisi non avranno un impatto drammatico in Europa e in particolare in Italia, proprio per via di quanto detto prima. Abbiamo costruito i nostri anticorpi di sistema rafforzando la vigilanza sia interna che esterna. Insomma, non sono particolarmente preoccupato».

Crypto e Fintech sono settori sono in rapida ascesa, ma hanno anche dimostrato scarsa stabilità finanziaria (vedi fallimento FTX, sanzioni a N26, ecc.): quanto inciderà la crescente regolamentazione prevista in questi settori?

«È fondamentale la regolamentazione. Spesso, come detto, ci lamentiamo della crescente produzione normativa, ma è quella che, in ultima istanza, ci permette di garantire una sicurezza e una stabilità invidiabili. È un po’ il gioco delle parti: ci lamentiamo dei continui adeguamenti normativi richiesti, ma, in fondo in fondo, passata la buriana della loro implementazione, ci chiediamo come avessimo fatto fino a quel momento senza regole chiare e definite. Il far west è bello in televisione, non quando si parla dei risparmi o degli investimenti dei clienti».