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Alla scoperta del "legal design thinking", dove la legge incontra il design

11/10/2022
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Sulla strada del legal design, per dare risposte creative alle esigenze normative degli utenti

Nel nostro ultimo post ci siamo immersi nel mondo del legal design, disciplina che abbiamo introdotto e analizzato sulla base del testo “Legal design” di Barbara de Muro e Marco Imperiale. Il tema del legal design, per noi di Aptus.AI, si inserisce in un percorso che ha sempre dedicato la massima attenzione a tutti quei temi correlati alla possibilità di rendere accessibile la legge per chi ha bisogno di fruirla, sia rispetto alle innovazioni tecnologiche relative all’emanazione dei documenti legali - come le norme machine readable - sia rispetto a come questi vengono utilizzati dai destinatari. Ecco perché non potevamo fare a meno di dedicare il giusto spazio anche al legal design, ovvero quella disciplina che si basa sull’applicazione del design a esigenze giuridiche, ponendo sempre al centro l’utente, cosicché i contenuti legali siano veramente accessibili per i loro fruitori.

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Come funziona il legal design thinking: metodologia, processo e fasi da seguire 

Come abbiamo scritto nel primo episodio di questa mini-serie, le parole chiave del legal design sono usabilità, chiarezza, inclusività. Per raggiungere questo obiettivo, occorre applicare le metodologie del design thinking al settore giuridico, mettendo in pratica una tecnica che può essere definita, appunto, “legal design thinking”. Una delle prime caratteristiche di questa metodologia è quella di mettere al centro l’utente, ma ci sono anche una serie di passaggi precisi e ben definiti da seguire nel processo creativo che mira a risolvere problemi legali. È arrivato dunque il momento di analizzare le fasi del legal design thinking, che prevede cinque passaggi ben definiti, tutti guidati da un approccio antropocentrico che pone sempre al centro il destinatario-fruitore della normativa, in quanto “punto di partenza e punto di arrivo del legal design”. Prima di procedere con il processo iterativo tipico del design thinking, però, occorre definire almeno i seguenti elementi:

  • obiettivi, tempistiche di massima e metodologia;
  • preparazione del legal design canva (rappresentazione grafica generica e complessiva dell’attività);
  • comporre un team multidisciplinare in grado di affrontare tutte le necessità previste dal progetto;
  • analizzare il mercato per valutare l’esistenza o meno di soluzioni per la sfida che si sta affrontando.

Solo a questo punto sarà il momento di procedere con le cinque fasi tipiche del design thinking: empathize, define, ideate, prototype, test.

Alla scoperta delle cinque fasi del legal design thinking

Come anticipato, i cinque step definiti da Barbara de Muro e Marco Imperiale per il processo del legal design thinking sono una trasposizione giuridica degli step tipicamente seguiti nello sviluppo di prodotti e servizi con la metodologia del design thinking. Il punto di partenza è sempre quello dell’empatia, ovvero dell’identificazione da parte del designer nella persona - sì, una persona specifica - destinataria di ciò che si sta realizzando. Per empatizzare davvero con gli utenti, occorre identificare delle personas, ovvero profili quanto più completi e verosimili di chi dovrà effettivamente utilizzare il servizio. Questo consente di comprendere i bisogni dell’utente e di riuscire a guidare lo sviluppo del prodotto a partire da essi, senza preconcetti, ma piuttosto attraverso verifiche dirette con interviste, sondaggi e così via. Da qui si può passare allo step della definizione, ovvero della circoscrizione del bisogno a cui si vuole rispondere. Anche in questo caso occorre specificare il più possibile il problema rispetto alla user journey, ovvero a come realmente l’utente si relaziona a quella specifica attività. Sarà così possibile capire (se e) come risolvere i problemi dell’utente trovando dei punti di contatto tra le esigenze del destinatario e le possibili risposte, ovvero dei touchpoint tra problemi e soluzioni. Dopo aver descritto e prioritizzato i touchpoint - affrontare troppi problemi insieme significa non risolverne alcuno -, si può procedere con l’ideazione. In questa fase regna la creatività, ma sempre sulla base delle informazioni già raccolte. Il lavoro qui è concettuale, senza particolari limitazioni tecniche, ma anche pragmatico e mirato a idee realizzabili, dato che la fase successiva è quella della prototipazione. Si possono seguire vari metodi e tecniche in questa fase, ma l’essenza è quella riuscire a realizzare dei prototipi funzionanti del prodotto - o più verosimilmente di una parte del prodotto. In ogni caso, il punto cruciale è avere qualcosa da far testare, un cosiddetto MVP (Minimum Viable Product), che consenta di passare all’ultima fase del design thinking - il testing, appunto. Quest’ultimo passaggio, quello della validazione, è in realtà un altro punto di partenza del processo che è, per sua stessa definizione, iterativo e (potenzialmente) infinito. Sottoporre il prodotto a diverse tipologie di stakeholder - a individui che rispecchino le personas definite all’inizio - è essenziale per raccogliere feedback da analizzare per capire come procedere. Quali strade battere e quali abbandonare. Quali idee portare avanti e quali rivedere. E così via. Ovviamente questi cinque passaggi sono da declinare nel contesto giuridico del legal design, dunque della fruizione di contenuti legali, ma la metodologia da seguire è pressoché identica. Certamente le parti coinvolte nella risoluzione di un problema giuridico necessiteranno di competenze più specifiche rispetto a quelle che sviluppano servizi meno complessi a livello di contenuti e di impatto sociale. E noi di Aptus.AI lo sappiamo bene, dato che lavoriamo da anni per migliorare l’accessibilità delle normative bancarie e che abbiamo ottenuto questo scopo con Daitomic, la nostra soluzione RegTech pensata per i professionisti di compliance finanziaria.

La storia RegTech di Daitomic - o di come applicare il legal design thinking alla compliance bancaria

Ed effettivamente non c’è dubbio che Daitomic rappresenti un’applicazione concreta ed efficace del processo di legal design thinking all’ambito del RegTech. Questa piattaforma Software-as-a-Service infatti, è nata per rendere accessibili le norme bancarie ai professionisti di compliance che hanno bisogno di consultarle e analizzarle per elaborare prendere decisioni ed elaborare strategie proattive. Come previsto dalla fase dedicata all'empatia, il punto di partenza è stato uno studio dettagliato del processo seguito dai professionisti di compliance, per poi passare alla sua ottimizzazione tramite la nostra tecnologia proprietaria di Intelligenza Artificiale capace di generare un formato elettronico standard e machine readable delle norme bancarie.

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